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LETTERE AL DIRETTORE

ANTONELLA MOTT * MUSEO USI E COSTUMI GENTE TRENTINA: « REPLICA A GIORNALE L’ADIGE, NON È VERO CHE LA STRUTTURA SIA STATA LASCIATA A SÉ STESSA PER DECENNI”

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18.02 - mercoledì 10 novembre 2021

Egregio direttore di Opinione,

sono a chiedere cortesemente di poter rettificare pubblicamente le informazioni errate che sono state fornite sul Museo degli Usi e Costumi della Gente Trentina nell’articolo “Museo di San Michele, è l’ora del rilancio” pubblicato su l’Adige di oggi, mercoledì 10 novembre 2021.
Ringraziando per l’attenzione, invio cordiali saluti.

Leggo sul quotidiano l’Adige di mercoledì 10 novembre 2021 nuovamente informazioni errate sul Museo degli Usi e Costumi della Gente Trentina, che ancora una volta danneggiano l’operato di un intero team di lavoro. Il fatto che “siamo fermi ai tempi del fondatore Šebesta” non corrisponde al vero, così come ben sanno tutti i collaboratori, tutti coloro che partecipano alle attività messe in campo in questi lunghi anni di impegni, tutti i trentini che si sono rivolti al Museo per avere consulenze, informazioni, pareri, scambio di conoscenze. Lo sa anche il pubblico, che dichiara di tornare al Museo sempre volentieri.

Questo l’abbiamo già detto, insieme a molto altro, nelle lettere “Senza Kezich attività in pericolo” e “I tanti risultati del Museo di San Michele”, pubblicate sempre su l’Adige rispettivamente il 26 maggio e il 15 giugno scorsi. E lo dimostra, senz’ombra di dubbio, la foto pubblicata il 10 novembre nella pagina “Il Forum”, che propone il nuovo allestimento della sala “Agricoltura”, inaugurato il 13 aprile 2014, allestimento che metto a confronto con quello di Giuseppe Šebesta, nell’immagine allegata. Non mi dilungo oltre, quindi, su questo, perché i fatti parlano da soli.

Avremmo senz’altro potuto fare di più, ma le risorse a disposizione non ce l’hanno consentito. Nel percorso espositivo del Museo non vi sono “oggetti affastellati in mostra” perché il percorso, ideato da Giuseppe Šebesta e organizzato secondo la teoria dei canali chiusi, è riconosciuto esemplare nel campo della museografia etnografica italiana, tanto che Massimo Tozzi Fontana, decano di cultura materiale e tradizioni popolari, già funzionario dell’Istituto per i Beni Culturali della Regione Emilia-Romagna, nel 1984 nel volume “I musei della cultura materiale” dedicava una scheda al Museo degli Usi e Costumi della Gente Trentina.

Devo aggiungere ancora, per dovere di precisione, che la collaborazione con le RSA è già in atto dal 2005 attraverso UPIPA, e che il 30 aprile scorso le persone impegnate nella “didattica” erano 3: Nadia Salvadori, Stefania Dallatorre e Daniela Finardi. Dal 2016 al 2019 hanno lavorato presso i Servizi educativi, oltre alle funzionarie sopra citate, anche 4 ragazze/ragazzi impegnati nel Servizio Civile Universale Provinciale, nel 2019 ne erano impegnati 2, ed è solo a causa del Covid-19 che nell’anno scolastico 2019/2020 non è stato stilato il progetto per il loro coinvolgimento. Inoltre, la dicitura esatta del database etnomusicologico che ha sede presso il Museo è “Archivio Provinciale della Tradizione Orale”, il cui acronimo è “APTO”, mentre “APOT” è l’acronimo dell’Associazione Produttori Ortofrutticoli Trentini.

Non è nemmeno vero che “il Museo è stato lasciato a sé stesso per decenni” perché, solo per citare uno dei lavori più importanti e l’ultimo in ordine di tempo, il 28 settembre 2008 sono state inaugurate le nuove aree del Museo a compimento del restauro dell’ala orientale dell’antico convento agostiniano, e l’8 febbraio 2018 è stato inaugurato il nuovo allestimento della sezione “I riti dell’anno”. L’“Atlante etnografico del paesaggio trentino”, fresco di stampa, è l’esito dell’ultimo progetto di ricerca che ha impegnato la sottoscritta dal 2014. Non corrisponde al vero il fatto che la nostra struttura “da decenni è stata lasciata alle ingiurie del tempo e alle incurie dell’uomo” perché, al contrario, ci prendiamo cura dei materiali, che sono opportunamente conservati, il percorso di visita non è interrotto da alcunché, il Museo ha un sistema di antintrusione e di antincendio, vengono effettuate tutte le manutenzioni del caso, i locali nei quali lavoriamo sono riscaldati, non cadono calcinacci, non siamo ingombrati da macerie, questo non è un paesaggio di rovine…

Il mezzo secolo di storia del Museo, di cui siamo orgogliosi anche per ciò che attraverso il nostro impegno si è costruito, sono stati festeggiati con il volume “Museo degli Usi e Costumi della Gente Trentina. I primi cinquant’anni. 1968-2018”, al quale abbiamo tutti contribuito. Invito quindi a consultare, come già detto, almeno il sito LINK prima di esprimere giudizi sull’operato di coloro che al Museo di San Michele si sono impegnati con professionalità e con passione, per onorare l’istituzione che rappresentiamo.

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Antonella Mott

Museo degli Usi e Costumi della Gente Trentina

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