Intervista al fondatore e Segretario Generale della Fondazione Italia Usa, professore Corrado Maria Daclon (a cura di Luca Franceschi, direttore Opinione) –
Professor Daclon, lei essendo fondatore e Segretario Generale della Fondazione Italia Usa certamente potrà fare capire al lettore quali sono le aree di azione della vostra organizzazione internazionale e -soprattutto- quali sono le “ricadute” per il Paese Italia…
Le iniziative sono sempre molte, incontri bilaterali, visite di studio, seminari di approfondimento e tanto altro. Possiamo ricordare tra le tante il nostro master online in global marketing comunicazione e made in Italy, organizzato per favorire l’internazionalizzazione dei giovani verso gli Stati Uniti. Per queste attività formative la Fondazione è anche membro del programma delle Nazioni Unite “United Nations Academic Impact”.
Poi abbiamo ogni anno il Premio America, un riconoscimento di grande valore civile ed istituzionale conferito alla Camera dei Deputati e il cui obiettivo è riconoscere e stimolare iniziative ed opere volte a favorire i rapporti tra Europa e Stati Uniti d’America. Vengono quindi premiate alte personalità di chiara fama, e di assoluta eccellenza nei rispettivi campi di interesse ed attività, che si siano distinte per il loro operato ed abbiano raggiunto importanti risultati a favore dell’amicizia transatlantica.
Riguardo il nostro master la Fondazione eroga ogni anno, ormai da sei anni, mille borse di studio a copertura totale destinate a neolaureati meritevoli, che ricevono anche un attestato di merito per il loro talento nell’ambito di una cerimonia che si tiene presso la Camera dei Deputati. E’ per noi un grande sforzo in termini di risorse umane ed economiche. Ma vediamo i risultati. Moltissimi dei nostri studenti ora sono all’estero e lavorano in importanti realtà, altri ci scrivono che sono riusciti a realizzare progetti e iniziative professionali, o hanno trovato una collocazione in importanti imprese. Ecco, questa per noi è la soddisfazione più significativa, la prova che abbiamo scommesso sul talento e sulla passione dei giovani, e abbiamo vinto.
Quali persone e personalità compongono la Fondazione Italia Usa e quali sono i criteri di “engagement”, di appartenenza e coinvolgimento?
La Fondazione è composta da oltre 120 tra le più alte e importanti personalità del mondo istituzionale, diplomatico, giornalistico, scientifico e culturale del nostro Paese. Il criterio di appartenenza è molto semplice, la nostra Fondazione ha come unico ed esclusivo scopo quello di promuovere l’amicizia tra i due Paesi e far conoscere la vera America in Italia, al di fuori delle tante distorsioni che spesso presentano gli Stati Uniti in modo errato. L’unico requisito dei nostri membri, se così possiamo chiamarlo, è quello di impegnarsi a promuovere questa amicizia che, nei secoli, è stata già confermata dalla storia. Nel nostro sito c’è la sezione delle persone che fanno parte della Fondazione ( link https://www.italiausa.org/staff ).
Il presidente americano Donald Trump, anche in Italia, è spesso aprioristicamente criticato, con un pregiudizio che -sia da parte di alcuni media che dai cittadini- spesso è palese… Perché scatena tali istinti di avversione ?
Donald Trump è il primo presidente ad aver vinto contro i media, contro i sondaggi, contro il partito democratico e, va ricordato con chiarezza, anche contro il partito repubblicano che gli ha scatenato contro, durante le primarie e la campagna elettorale, un boicottaggio senza precedenti nella storia americana.
Dovremmo chiederci perché i media e i sondaggi non siano stati in grado, direi in molti casi non abbiano voluto percepire quanto invece a diversi osservatori appariva chiaro sin dalle fasi della campagna elettorale presidenziale. Come la totalità dei media americani non abbia avvertito il profondo malessere sociale che vive la popolazione americana è abbastanza curioso.
Continuare a pensare, come facciamo spesso in Italia con grande provincialismo, che quello che scrive il New York Times è quello che pensa l’America rappresenta il classico errore che porta a sottovalutare fenomeni come Trump. Se qualche migliaio di newyorkesi benestanti e spesso annoiati legge il New York Times, altri 300 milioni di americani leggono solo il giornale della loro contea, o meglio non leggono nulla, o guardano sporadicamente qualche canale televisivo, o ascoltano la radio locale. Purtroppo anche molti dei giornalisti americani, spiace dirlo, non hanno ancora compreso che Park Avenue non è l’America.
Siete mai stati sollecitati ad attivarvi per fare arrivare in Italia il detenuto trentino Chico Forti, da circa 20 anni in prigione negli Stati Uniti d’America? Se sì, quali azioni avete concretato?
La nostra Fondazione non può sovrapporsi ai governi e alle normali attività diplomatiche in merito a casi di questo tipo. Le faccio un esempio che vale esattamente anche per Chico Forti. Ci siamo occupati molto del caso di Amanda Knox. Io stesso ero nella vettura insieme a lei quando è stata scarcerata e ho curato personalmente tutte le fasi della partenza che l’hanno riportata finalmente a casa.
Ci siamo interessati al caso per verificare la sua condizione di detenuta in attesa di giudizio, anche alla luce della fortissima eco che ciò aveva avuto negli Stati Uniti. Un interessamento, quella per Amanda Knox, che andava al di là di qualsiasi considerazione sullo svolgimento e sugli esiti del processo: temi questi che competono unicamente alla magistratura giudicante del Paese. Per Chico Forti vale lo stesso criterio.
Dal vostro osservatorio privilegiato quali sono le caratteristiche primarie circa le alleanze politico-economiche dell’Italia su scala mondiale con Cina, Russia, Usa?
Le nostre alleanze sono ben chiare e delineate, e guardano all’Atlantico, non a oriente. Le derive a cui assistiamo da qualche anno in Europa, con alleanze economiche e non solo economiche che potremmo definire “à la carte” non portano molto lontano. Certo, l’esperimento europeo visto dall’esterno è molto più vicino al fallimento che ad un successo: non esiste una politica estera comune, non esiste una politica di difesa comune, non esiste una intelligence comune, tutte singolarità mai accadute nella storia. Ogni Stato pensava prima di tutto ad avere un proprio esercito e una diplomazia, prima di battere moneta.
E’ facile, in una posizione di tale debolezza geopolitica, l’infiltrazione di fenomeni come la Via della Seta. Ma chi decide di invertire delle alleanze storiche rischia di consegnare alla storia, suo malgrado, un’eredità devastante.
Segretario Generale, quali esperienze possiamo sviluppare dall’epidemia mondiale Covid, in previsione dei nuovi assetti sanitari futuri e le relative condizioni di circolazioni di persone e merci nel mondo?
Pur consapevoli di queste problematiche, la Fondazione da statuto ha come missione unicamente ed esclusivamente far conoscere l’America agli italiani. La Fondazione non si occupa, né da statuto può occuparsi, di temi che non afferiscano direttamente e nello specifico alla promozione della cultura americana in Italia. Non ci occupiamo di tematiche sociali o globali, che allargherebbero il quadro ad un approccio planetario troppo ampio.
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