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CARITAS ITALIANA * MONITORAGGIO – MISURE CONTRASTO POVERTÀ: «DUE TERZI DEI POVERI ESCLUSI DAL REDDITO DI CITTADINANZA»

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09.51 - domenica 16 giugno 2024

(Il testo seguente è tratto integralmente dalla nota stampa inviata all’Agenzia Opinione) –

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Due terzi dei poveri esclusi dal Reddito di cittadinanza. Come previsto. La misura di sostegno alla prova dei fatti. Nota di Caritas Italiana. Ascoltare, osservare, valutare insieme, fare proposte e, dove necessario, agire direttamente. È il metodo della Caritas. Caritas Italiana, ad esempio, monitora le misure di contrasto alla povertà messe in atto dai governi nel corso degli anni. Così per il Reddito di cittadinanza.

Le conclusioni del Rapporto di monitoraggio del Reddito di cittadinanza realizzato dal Comitato scientifico per la valutazione del Reddito di cittadinanza, messo online nei giorni scorsi sul sito del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali confermano pienamente quanto fatto rilevare da Caritas Italiana nel 2021. La situazione è riassunta in una Nota di Caritas Italiana.

Il lavoro di Caritas Italiana, impegnata nel monitoraggio delle misure di contrasto alla povertà, già nel 2021 delineava un’area di criticità e lacune rispetto al Reddito di cittadinanza su cui si sarebbe potuto lavorare a tempo debito e che i dati del Comitato hanno purtroppo solo confermato.

Se si considera il totale delle famiglie in povertà, l’ISTAT ha calcolato che poco più del 30% di esse ha ricevuto il Reddito di cittadinanza tra il 2020 e il 2022. Che cosa vuol dire? Significa che nonostante la spesa totale e il consistente numero di persone raggiunte da questo aiuto, i due terzi di coloro che vivono nelle condizioni peggiori, le persone in povertà assoluta, appunto, non hanno usufruito di questo sostegno.

Nel suo monitoraggio sul Reddito di cittadinanza Caritas Italiana aveva previsto, con delle simulazioni ad hoc, che il 44% delle famiglie in povertà avrebbe ricevuto il Reddito di cittadinanza e che quindi più del 50% di esse sarebbe rimasto senza aiuto. Purtroppo i dati pubblicati dal Comitato sono peggiori di quanto si era prospettato.

Tra le criticità della misura messa in atto una disparità tra residenti in diverse parti del Paese, la penalizzazione delle famiglie numerose, lo scarso numero di beneficiari che ha firmato il patto di inclusione.

Certamente – anche questo un dato previsto – nel 2020, l’incidenza di povertà familiare scende di 1,6 punti percentuali, risultato positivo, ma che va letto insieme a tutto il resto.

“L’uscita del rapporto di monitoraggio del Comitato – dice don Marco Pagniello, direttore di Caritas Italiana – conferma anzitutto che per disegnare misure efficaci di contrasto alla povertà occorre partire da chi sta peggio. Il metodo della Caritas è stare accanto ai più poveri e accompagnarli, non basta l’assistenzialismo. E per accompagnarli occorrono tempo e interventi a livello locale, come la formazione e la riqualificazione, ad esempio, altrimenti si compromette l’efficacia degli interventi. L’Italia è il Paese dove la povertà si eredita. Partire dai poveri è un dovere nella lotta alla povertà. Partire ogni volta da zero con le misure di contrasto, invece, è un errore. Servono quindi continuità e l’ascolto da parte della politica di chi monitora quotidianamente i fenomeni sociali. Adesso sarà importante tener conto del rapporto del Comitato per non disperdere quanto acquisito. E noi continueremo con i nostri monitoraggi”.

In partenza, col contributo di tutta la rete Caritas, il monitoraggio sulle nuove misure varate dall’attuale Governo, il Supporto per la Formazione e il Lavoro (SFL) e l’Assegno di Inclusione (ADI).

Il Reddito di cittadinanza alla prova dei fatti. Nota Che cosa ci dicono i dati del monitoraggio del Comitato scientifico
per la valutazione del Reddito di cittadinanza. Quante sono le persone in povertà assoluta che hanno ricevuto il Reddito di cittadinanza e quante invece no? E chi sono coloro che hanno percepito questo contributo? Per quanto tempo hanno ricevuto il contributo economico? Il Reddito di cittadinanza ha ridotto la povertà assoluta? Ha avuto effetti sulle disuguaglianze di reddito?

Per chi si occupa di povertà e di politiche per contrastarla, queste domande sono una bussola e un assillo: una bussola perché, navigando nel mare spesso caotico di informazioni e aneddoti sulla povertà, servono a tenere la barra del timone fissa su quello che conta davvero. E però queste domande sono anche un assillo, perché non sempre le risposte arrivano, o se arrivano spesso è troppo tardi per aggiustare il tiro.

Anche Caritas Italiana, impegnata nel monitoraggio delle misure di contrasto alla povertà, nel 2021 ha provato a rispondere a queste domande, realizzando approfondimenti con i dati disponibili e mettendo in evidenza alcune distorsioni che la misura avrebbe generato. Che cosa è accaduto poi a conti fatti? Gli allarmi lanciati a suo tempo dal nostro organismo si sono confermati? Che cosa ci dicono ora i dati effettivi sulle persone che hanno ricevuto il contributo?

Dal 13 giugno 2024 molte di queste domande hanno trovato risposta, appunto, nell’approfondito Rapporto di monitoraggio del Reddito di cittadinanza realizzato dal Comitato scientifico per la valutazione del Reddito di cittadinanza, previsto dalla legge istitutiva, nel 2019, e pubblicato sul sito del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali (Pubblicata la Relazione per la valutazione del Reddito di cittadinanza | Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali). Ci soffermiamo di seguito su alcuni dei risultati più significativi.

Quante persone hanno ricevuto il contributo alla fine, complessivamente?

In quattro anni e mezzo, da aprile 2019 a dicembre 2023, sono stati complessivamente più di 5 milioni coloro che hanno ricevuto Reddito o Pensione di cittadinanza (rivolta a coloro che avevano più di 67 anni), con un terzo di essi che lo ha ricevuto continuativamente per tutti e 4 gli anni. La spesa di 34 miliardi ha permesso di coprire il picco di accessi che si è registrato nel 2020 e nel 2021 a causa dell’emergenza Covid. Un’ampia platea di persone, ma quante in povertà assoluta?
Povertà assoluta e Reddito di cittadinanza: una mancata coincidenza, come avevamo previsto

È l’incrocio con i dati sulla povertà assoluta che può aiutare a capire quale sia stato l’impatto sulla povertà.
Se consideriamo il totale delle famiglie in povertà, l’Istat ha calcolato che poco più del 30% di esse ha ricevuto il Reddito di cittadinanza tra il 2020 e il 2022. Che cosa significa? Significa che nonostante la spesa totale e il consistente numero di persone raggiunte da questo aiuto, i due terzi di coloro che vivono nelle condizioni peggiori, le persone in povertà assoluta, appunto, non hanno usufruito di questo sostegno. Non si tratta di una scoperta: già nel 2021 Caritas Italiana, nel suo monitoraggio sul Reddito di cittadinanza (Caritas Italiana – Presentazione monitoraggio Caritas sul Reddito di Cittadinanza) aveva previsto, con delle simulazioni ad hoc, che il 44% delle famiglie in povertà avrebbe ricevuto il Reddito di c più del 50% di esse sarebbe rimasto senza aiuto. Purtroppo i dati pubblicati il 13 giugno sono peggiori di quanto avevamo prospettato. A poco vale la precisazione contenuta nel Rapporto, in cui si dice che il Reddito di cittadinanza non è disegnato per contrastare specificamente la povertà assoluta: una misura di reddito minimo che lascia scoperte così tante persone in povertà assoluta o non può dirsi una misura di reddito minimo, oppure è difettosa nella sua costruzione.

Le iniquità interne, anche queste previste

I profili delle persone che hanno ricevuto il Reddito di cittadinanza fanno luce anche su altre criticità che Caritas aveva segnalato nel 2021. Il Rapporto del Comitato evidenzia come le persone in povertà residenti nel Nord-Est e nel Nord-Ovest siano penalizzate rispetto a quelle residenti al Sud, in quanto si è adottata una soglia unica nazionale mentre il costo della vita è differenziato a livello territoriale. Questo aspetto di iniquità interna era stato già a suo tempo fatto presente da Caritas Italiana in primis e poi successivamente ripreso, anche se solo in parte, dal precedente Comitato per la valutazione del Reddito di cittadinanza. I dati adesso rendono evidente il fatto che di questo tema si debba prendere atto, capendo come affrontarlo, cosa che lo stesso Comitato sottolinea nelle sue raccomandazioni.

Inoltre, i dati del monitoraggio confermano che le famiglie più numerose sono state maggiormente penalizzate dalla misura di sostegno al reddito rispetto a quelle più giovani e a quelle meno numerose, per via del ricorso a una scala di equivalenza “piatta” che non ha modulato adeguatamente il contributo in base al numero di componenti. Anche questo è un risultato che era stato previsto da Caritas e denunciato in più occasioni.

Infine sul versante della presa in carico e del ruolo dei servizi sociali, in base al rapporto, il 50% dei nuclei beneficiari del Reddito di cittadinanza è stato indirizzato ai servizi sociali e, tra questi, ad inizio 2023 solo il 23% ha firmato il Patto d’Inclusione. Un ritardo nei percorsi di accompagnamento che è l’esito, come gli operatori temevano già nel 2021, in primis di un mancato rafforzamento amministrativo che avrebbe dovuto precedere l’avvio di una misura così complessa, e anche di un processo di adeguamento del personale alle nuove disposizioni che ha richiesto tempo e fatica. Anche su questo nulla che non sia stato segnalato dagli stessi operatori, con timore, nelle prime fasi di avvio della misura.

Alla fine dei conti, la povertà è diminuita?

Nel 2020, l’incidenza di povertà familiare scende di 1,6 punti percentuali, come avevamo previsto nel rapporto Caritas (nel nostro caso la riduzione dell’incidenza ammontava a -1,7%). Risultato positivo senz’altro, ma che va letto insieme a tutto il resto di cui si è detto prima.

Che cosa abbiamo imparato?

L’uscita del rapporto di monitoraggio del Comitato è l’occasione per tenere a mente alcuni elementi
fondamentali nella lotta alla povertà e che vogliamo ribadire:

• bisogna partire dai poveri per disegnare misure di contrasto alla povertà: significa, cioè, partire da
chi sta peggio, ovvero dalla povertà assoluta, considerare quanti poveri assoluti prenderebbero o eno la misura, calibrare l’intervento evitando squilibri e iniquità (in base all’area in cui si vive, se si è cittadini o meno, se si vive in famiglie di diversa numerosità);

• le misure hanno bisogno di tempo per essere recepite, conosciute a fondo e maneggiate adeguatamente da chi è chiamato ad attuarle a livello locale e se questo passaggio non si compie si compromette l’efficacia delle misure come intervento di accompagnamento. Questo errore è stato fatto troppo spesso negli ultimi anni (dal Reddito di inclusione al Reddito di cittadinanza e da questo alle due nuove misure in vigore, Assegno di inclusione e Supporto alla formazione e al lavoro). Ma l’esperienza ci dice che l’attuazione è il banco di prova delle misure contro la povertà e per questo va curata nei minimi dettagli;

• i monitoraggi in itinere offrono uno spaccato in tempo reale di quello che sta accadendo e possono aiutare a correggere il tiro. Per questo è importante rendere disponibili i dati pubblici e offrire l’accesso ad essi a studiosi, enti di ricerca e organizzazioni interessate ad approfondire anche singoli aspetti delle questioni. Bisogna inoltre compiere ogni sforzo affinché le decisioni pubbliche si basino su di essi: imparare dall’esperienza per migliorare le riposte, come titolava il Rapporto Caritas 2021.

Il futuro

Il lavoro di Caritas Italiana nel 2021 delineava già un’area di criticità e lacune rispetto al Reddito di cittadinanza su cui si sarebbe potuto lavorare a tempo debito e che i dati del Comitato hanno purtroppo solo confermato. Adesso nell’evoluzione delle politiche sarà importante tener conto di ciò che emerge dal rapporto del Comitato appena pubblicato, per non disperdere quanto acquisito. Partire dai poveri è un dovere nella lotta alla povertà, partire ogni volta da zero, invece, è un errore, purtroppo a volte ingiustificabile.

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